Il “pugno” e il “bastone”

Il Pugno


L’arma principale del Ving Tsun Kung Fu (VT) è senza dubbio il pugno verticale (Yat Ji Jik Kuen).
Non è esagerato dire che il 90% dell’addestramento del VT è finalizzato ad ottenere un pugno efficace in ogni situazione e a trovare il modo di farlo arrivare a bersaglio.


Tale è l’importanza di tale tecnica che tutte le forme a mani nude cominciano e finiscono con il pugno verticale sulla linea centrale: l’ Alfa e l’Omega del Ving Tsun.


Si tratta di un modo di colpire “
non naturale”, principalmente per due motivi:

1)   Il motivo più banale: è un pugno in linea retta. La nostra posizione eretta e la conseguente distribuzione dei pesi lungo una linea verticale fanno in modo che il movimento più naturale che il nostro corpo possa fare sia quello di ruotare sull’asse verticale. Quindi la “tecnica” più naturale per le braccia è un gancio o qualcosa del genere (guardate dei bambini piccoli che fanno “a botte” e vedrete che si mollano dei gran ceffoni circolari). Andare “dritti” richiede una maggiore attenzione ed uno “studio” maggiore della meccanica del movimento.

A tal proposito vorrei citare: “Dalla storia della boxe si apprende che nei primi anni si colpiva esclusivamente col braccio piegato, cioè con Ganci e Sventole. I primitivi si offendevano fisicamente ricorrendo a questo metodo e del resto tanto i felini che i plantigradi (orsi e affini) tirano graffi, sberle e zampate. Chi non conosce il pugilato, quando vuole tirare un pugno, ha la naturale tendenza a ricorrere alla Sventola. Il Diretto, perciò, bisogna studiarlo per conoscerlo”. – Giordano Poggioli – (“KO: storia della boxe e dei suoi campioni”).

2)   Motivo specifico del Ving Tsun:  il pugno è tirato con il gomito rivolto verso il basso. Nella vita di tutti i giorni siamo abituati ad usare le mani e a non prestare attenzione a cosa fanno i gomiti. I nostri gomiti sono naturalmente rivolti verso l’esterno in quasi tutte le azioni della vita quotidiana, persino quando siamo con le braccia rilassate lungo i fianchi. Portare il gomito verso il basso non viene spontaneo, è un’azione volontaria che va “studiata”.

Quindi portare il gomito verso il basso ed in avanti richiede un grosso lavoro di “riprogrammazione” degli schemi motori che abbiamo sviluppato naturalmente nel corso della nostra vita. Farlo in coordinazione con altri movimenti necessita di ulteriore studio. Farlo in modo preciso, potente, efficace richiede un’ulteriore gran mole di  lavoro.

Questa comprovata “non naturalezza” del suo pugno spiega come mai il VT abbia così tanti esercizi per sviluppare il colpo e gli elementi che lo rendono efficace e il perché su di loro i praticanti spendano così tanto tempo del loro allenamento/addestramento.


Il pugno impatta con ultime due nocche della mano (mignolo e anulare) a volte partecipa anche la terza nocca (medio). Il fatto di usare le nocche più piccole della mano non comporta rischi maggiori di lesioni rispetto all’uso delle altre, in quanto la resistenza di una nocca non è data dalle sue dimensioni. Inoltre l’avere una superficie di impatto minore amplifica l’efficacia del colpo.

Durante tutto il tragitto del pugno le nocche puntano costantemente verso il bersaglio e poco prima dell’impatto il polso esegue il movimento verso l’alto che da un lato consente di impattare correttamente e dall’altro conferisce maggiore penetrazione al colpo (utile soprattutto quando è tirato da distanza ravvicinata).

La catena cinetica del pugno verticale trae origine dal piede posteriore che spingendo sul terreno trasmette energia attraverso le anche e il gomito fino al pugno, con una traiettoria dal basso verso l’alto (diagonale ascendente) che fa in modo che la forza d’impatto si scarichi a terra e non sulle spalle del praticante. E’ il gomito che spinge il braccio in avanti e guida la traiettoria del pugno. Questa struttura del colpo permette di mantenere una “connessione” costante durante tutta la traiettoria tra il braccio che sferra il pugno e il resto del corpo. Usando un’immagine potremmo dire che se il pugno orizzontale (es. quello della boxe, karate, ecc.) corrisponde allo scagliare una lancia verso l’avversario il pugno verticale del VT equivale ad un affondo mantenendo l’impugnatura sulla lancia stessa.

I vantaggi del pugno verticale sono:

1)   Offre la possibilità di proteggere la propria linea di attacco mentre lo si scaglia: il gomito può intercettare o deflettere tutto ciò che trova nella sua traiettoria, proteggendo il pugilatore VT e/o aprendo la strada verso il bersaglio (difesa e attacco contemporanei).

2)   Il pugno rimane “connesso” alla struttura del corpo: mettendo il grado il praticante di usare il gomito in ogni momento per guidare il pugno ma anche per deviare, aprire la guardia o controllare l’avversario, permettendo inoltre cambi repentini di direzione e reazioni istantanee se il colpo è deviato o ostacolato.

3)   Uso di entrambe le braccia contemporaneamente: il punto precedente, abbinato al fatto che nel VT usa una guardia frontale (CHING YING) e non defilata, ha come diretta conseguenza che (come previsto nella strategia del VT) le due braccia si possano usare contemporaneamente ed in modo coordinato. Questo crea un vantaggio “tattico” (due armi contro una) e molte più occasioni per andare a bersaglio che non facendo affidamento sulla sola velocità dei colpi.

4) Il fatto che il colpo abbia “dietro” il corpo e la sua struttura per tutto il tragitto permette di colpire con efficacia anche a corte e cortissime distanze senza dover ricorrere a traiettorie differenti. Per lo stesso motivo anche se la distanza del bersaglio dovesse cambiare durante il tragitto del colpo si può impattare in modo efficace ugualmente.

5) Avendo il fulcro nel gomito è intrinsecamente molto preciso. Questo abbinato con il footwork VT e con la corretta gestione delle rotazioni sull’asse verticale (altro elemento tipico del VT) fa sì che un buon pugilatore VT sia in grado di piazzare i suoi colpi con estrema precisione in ogni situazione.

6) Il polso è mantenuto in una posizione più stabile e resistente rispetto al pugno orizzontale, riducendo le possibilità di danneggiarlo a seguito di torsioni dovute all’impatto.


Svantaggi del pugno verticale VT:

1)   Per mantenere il pugno connesso alla struttura del corpo e la guardia frontale non si compiono le rotazioni complete d’anca e i caricamenti di tutto il peso su un solo lato del corpo tipici di altri metodi. Ciò comporta una gittata inferiore rispetto ai pugni tirati con tali metodi.

2)   La spalla non può proteggere il lato del viso con la sua rotazione e quella del gomito verso l’esterno, come accade nei pugni della Boxe Occidentale, ad esempio.

3)   La guardia frontale offre un grande bersaglio all’avversario, con tutti i pericoli che ne conseguono. Questo atteggiamento indica anche come il VT sia un pugilato preminentemente offensivo (da notare come anche il Pugilato Thailandese usi una guardia frontale e come molti campioni di Pugilato Occidentale adottino la stessa strategia, abbandonando l’impostazione classica della guardia “defilata”, per essere più veloci ed imprevedibili nel colpire).


Il VT cerca di ovviare a tali svantaggi con il suo
footwork peculiare, l’addestramento martellante al corretto timing e alla reattività e ovviamente l’uso del gomito e delle due braccia coordinate visti in precedenza.

Vista la strategia adottata nel VT ci si trova spesso a dover colpire dalla corta e cortissima distanza, quindi la ricerca della massima potenza e della precisione necessari per un buon pugno rappresentano i problemi principali da risolvere.


I primi passi per sviluppare “
IL” pugno sono mossi con la posizione “Yee Gee Kim Yum Ma” e le forme, che sviluppano le corrette abitudini . Intervengono poi il Poon Sao, Toi Ma-Seung Ma, Ciclo del Lap Sao, esercizi Lin Siu Dai Da, esercizi Lut Sao Jik Chung, ecc. che nel loro insieme contribuiscono allo sviluppo e al potenziamento dellastruttura” corporea (cioè la catena cinetica coinvolta nel pugno), all’incrementano della velocità iniziale del pugno (per colpire efficacemente anche da breve distanza), condizionano all‘uso corretto del gomito (linea retta e gomito “basso”) e creano la coordinazione tra le braccia e tra braccia e gambe.


A questi esercizi vanno aggiunti l’uso del sacco a muro e del sacco pesante (per avere un feedback sulla struttura, sulla muscolatura e sull’impulso nervoso necessari per colpire) e di “speed ball” e colpitori per il timing e la coordinazione con il footwork.

Per giungere ad un buon pugno verticale, quindi, occorre tempo e il seguire un percorso logico che, partendo dall’uso del gomito e della struttura corretti, giunga alla capacità di usare il pugno in ogni situazione, indipendentemente dalla posizione delle proprie braccia e del bersaglio, nonostante i possibili disturbi da parte dell’avversario (parate, deviazioni,attacchi, ostacoli, ecc.) o dovuti a situazioni contingenti del combattimento (rotazioni sull’asse verticale, cambi di direzione repentini, sbilanciamenti, accelerazioni, ecc.), in modo che il pugno possa trovare sempre la via per il bersaglio e ci arrivi con la massima potenza possibile.


Pugni a catena (“Lin Wan Kuen”)


I famosi “pugni a catena”
NON sono una tecnica consistente nel colpire con una serie di pugni veloci e “leggeri” l’avversario (cosa poco efficace, efficiente ed economica), ma un esercizio che addestra la corretta meccanica del pugno.

Il vero punto focale di questo drill è la coordinazione: il pugno che colpisce deve giungere a bersaglio nello stesso momento in cui il Wu Sao arriva in posizione. La necessità della perfetta coordinazione e del corretto posizionamento “in automatico” delle braccia (poi abbinati al footwork) è elemento essenziale del VT poiché quando si è a distanza di contatto, non potendo prima vedere e poi decidere, le reazioni devono essere immediate ed istintive. Solo così è possibile esprimere la continuità d’azione, l’uso simultaneo di entrambe le braccia, la fluidità e l’efficacia a breve distanza tipici del VT.


I pugni a catena sono il
primo passo per acquisire questo tipo di coordinazione che diventerà poi una vera attitudine generale.


Altro punto importante nei pugni a catena è che il braccio che si abbassa e torna indietro in Wu Sao
non è “passivo” ma agisce o è pronto ad agire durante tutta la traiettoria che compie per arrivare il posizione: diventa Pak, Jut, Wu, ecc., è la nostra prossima mossa, difende o attacca all’abbisogna. Tutto questo sempre e comunque in coordinazione e “collaborazione” con l’altro braccio.

Per il fatto che le braccia/pugni lavorino insieme e in sinergia con il footwork il pugilatore VT può sembrare più “veloce” di quanto in realtà sia; in concreto esso adotta solo economia, reattività e precisione nei movimenti.


I pugni a catena esprimono i concetti di: via più breve al bersaglio/economia del movimento, pronti a colpire (Wu Sao), uso simultaneo di entrambe le braccia e linea centrale (attacco e difesa simultanei), occasione (sfruttare i varchi), strategia (due armi contro una).


Tutte idee che possiamo ritrovare in ogni esercizio e in tutta la pratica del VT.


Enrico Ferretti

Il bastone

Il Bastone “da sei punti e mezzo” (Luk Dim Boon Quan) è una delle due armi che fanno parte dell’addestramento nel VingTsun Kung Fu (VT). Il nome deriva dalle sei tecniche principali più il “mezzo” movimento finale mostrati nella forma con tale arma.

I 7 movimenti della forma:

1) Fung Leung Cheung (lasciare libero il dragone)

2) Ping Cheung (colpire da punto a punto)

3) Leung Gee (cambiare due volte)

4) Lau Soi  (acqua che scorre, onda)

5) Kam Quan (palo che copre)

6) Dan Quan ( palo laterale)

7) Che Cheng (mezzo attacco)

Il bastone deve essere introdotto nell’addestramento appena il praticante dimostri una buona padronanza delle qualità base,approssimativamente quando ha già una struttura efficiente (Poon Sao, Toi Ma-Seung Ma, esercizi base e footwork corretti) ed una buona Chum Kiu. Come si può vedere anche in questo caso (come per tutti gli altri elementi che compongono l’addestramento al Ving Tsun) il quando e come introdurre uno strumento varia da persona a persona: l’assimilazione di principi e lo sviluppo di qualità fisiche sono una questione assolutamente individuale e non possono in nessun caso essere scadenzate a priori. Sta a chi insegna capire quando un praticante è maturo.

Nonostante ci sia chi sostenga che le armi siano state introdotte nel VT attraverso scambi con altre discipline marziali è interessante notare come tutti i principi usati per combattere con il bastone siano assolutamente i medesimi del VT a mano nuda (attacco, difesa e apertura della linea, uso dei gomiti, spostamenti, via più breve al bersaglio, unificazione del corpo, forza dal terreno, ecc..) persino gli errori più comuni sono gli stessi della parte disarmata del sistema (overshooting, gomiti fuori posizione, coordinazione,struttura scollegata, ecc.).

Con il bastone tutto si dilata, tutto si complica: non devo più gestire solo il mio corpo e l’avversario, ma, in aggiunta, anche la mia arma e la sua. Così il timing, la gestione delle distanze, della struttura, la coordinazione, la reattività, l’overshooting diventano subito punti critici. Il bastone, quindi, rappresenta davvero la cartina di tornasole del reale livello di un praticante di VT.

Il bastone come Arma:Molti ritengono che il bastone VT sia un retaggio del passato qualcosa da studiare magari per mero interesse storico o folkloristico, troppo grande e pesante quindi senza nessuna utilità nel mondo moderno. Personalmente ho sperimentato come un addestramento corretto con il palo possa rendere efficaci qualsiasi arma o oggetto si impugni ma, come vedremo, questo strumento ha molto di più da offrire.

Tutti gli esercizi, le tecniche, i lavori a coppia e sui bersagli che compongono l’addestramento sono finalizzati ad usare il bastone in uno scontro contro uno o più avversari armati. Infatti nello studio dell’arma, probabilmente per la sua derivazione militare, si teorizza di avere di fronte più avversari armati con strumenti simili: la modalità di esecuzione delle tecniche, il maneggio e soprattutto il footwork con questo strumento testimoniano questa premessa fondamentale e ne sono influenzati radicalmente (da notare come anche nei “Coltelli dagli 8 tagli” si ipotizza il loro uso contro avversari multipli armati con armi da taglio e da botta, contro lo stesso bastone lungo ad esempio). Quindi mobilità e capacità di cambiare repentinamente posizione e direzione del bastone non devono mai venir meno.

A tal fine è importante non confondere le posizioni e gli esercizi che servono come allenamento dalle posizioni e dalle tecniche che si usano poi in combattimento. Ad esempio la posizione “bassa” (MaBu- Sei Ping Ma) e il brandeggio del bastone sul fianco, pur avendo qualche applicazione, sono utilizzati perlopiù in allenamento per sviluppare determinate attitudini; mentre la posizione “alta” con il bastone a livello delle spalle (che permette facilità negli spostamenti e nell’uso dell’arma) è quella usata in combattimento. La stessa classica posizione con il peso sulla gamba posteriore ( Tui Ma) è usata concretamente solo in specifiche situazioni, solitamente quelle in cui necessitano rapidi movimenti di “pivot” sull’asse verticale.

Con il bastone onde mantenere l’equilibrio, la mobilità e la potenza necessari il corpo diventa il fulcro di ogni movimento: se si muove il bastone usando solo le braccia si perde immediatamente efficacia. Per descrivere questa attitudine indispensabile si usa dire che il corpo diventa “il gomito”: come nelle mani nude i gomiti sono il fulcro dei movimenti delle braccia, con il bastone il fulcro è il corpo e l’arma è l’estensione utilizzata.

L’addestramento comincia con degli esercizi statici, così da potersi concentrare solo nel sorreggere correttamente lo strumento e nel coordinare le braccia nei colpi. Esattamente come nella Siu Lim Tao all’inizio ci si concentra sulla parte superiore del corpo che è anche usato come riferimento per usare correttamente i gomiti e quindi il palo. Negli esercizi statici la posizione alta è tenuta con gambe e piedi uniti, così da rendere più difficoltoso l’equilibrio quando si slancia con forza il bastone e in modo da prendere confidenza con la gravità e la distribuzione del peso impugnando l’arma.

Una volta appreso come gestire il bastone staticamente si inseriscono i primi spostamenti, all’inizio solo in avanti ed in dietro, così da permettere allo studente di imparare a coordinare l’uso delle gambe (che generano potenza) con la parte superiore (che indirizza le tecniche).

Le 5 combinazioni “classiche” che vengono eseguite avanzando ed indietreggiando:

1) Fung Leung Chenug

2) Fung Leung Chenug + Chun Bo (mezzo passo) + Dan Quan

3) Ping Cheung

4) Ping Cheung + Chun Bo + Dan Quan

5) come 4) + Lau Soi + Kam Quan

Essendo l’apprendimento del bastone molto impegnativo Wong Shun Leung voleva che si riuscissero ad eseguire almeno 30 passi di Fung Leung Cheung prima di insegnare la forma, così “eliminava” i più pigri e non perdeva tempo con loro. Sempre Wong Shun Leung insegnava anche un esercizio propedeutico da eseguire a mani nude nella posizione bassa (Chi Quan Choi), utile per la coordinazione degli spostamenti, il potenziamento della vita e l’uso dei gomiti.

Una volta acquisisti gli spostamenti avanti-indietro si comincia lo studio dei movimenti laterali e di “pivot”, utilizzando tutte letecniche del repertorio e le loro varianti.


Nello studio del bastone la parte più interessante, a mio avviso, arriva una volta che il praticante ha acquisito una certa padronanza nella gestione del bastone attraverso la forma e i vari esercizi “a vuoto” ( con un po’ d’umorismo direi: quando non è più il bastone a portare a spasso la persona ma è la persona che muove a piacimento il bastone). A questo punto vengono introdotti nell’allenamento tutta una serie di esercizi a coppia, basati su spostamenti in tutte le direzioni, attacchi, difese, contrattacchi,ecc. che rendono la pratica molto dinamica, interessante e…”viva”. Le tecniche vengono finalmente eseguite in un contesto più realistico contribuendo a far emergere tutti i limiti e gli errori del praticante, è anche la fase in cui si produce un notevole transfer in termini di coordinazione, precisione nei movimenti, gestione del timing, delle distanze, ecc.

A proposito del “tranfer”, cioè delle qualità che l’addestramento sviluppa nel praticante, questo può essere considerato nella sua forma generica o in quella specifica per il VT.

Il transfer generico:Il transfer sulle qualità fisiche del praticante è dato dal fatto di utilizzare un bastone (di sezione conica, lunghezza tra i 2,7 e i 3 metri, diametro alla base tra i 3,5 e i 4,5 centimetri, peso tra 2,5 e 3,5 Kg) con una leva svantaggiosa (il bastone si impugna alla base, dal lato di sezione maggiore) e in maniera balistica. Nulla di rivoluzionario, nulla che possa portare chi si allena con i pesi ad eliminare dal proprio “macrociclo” tutti gli esercizi multiarticolari con carichi sub massimali. Ma il bastone occorre usarlo anche con la massima esplosività, gestendo cambiamenti repentini di direzione, arrestandosi (se serve) in una frazione di secondo, bilanciando notevoli forze centrifughe, facendo fronte agli urti con l’arma dell’avversario, colpendo bersagli (anche in movimento) che possono arrivare ad avere la grandezza di una moneta di 2 euro, sia dalla posizione alta che da quella bassa. Il tutto senza compromettere la struttura, senza limitare la mobilità, senza sbilanciarsi, senza scoprire la propria linea, senza perdere il bastone e generando forza di impatto sufficiente indipendentemente dalla parte del bastone che arrivi a bersaglio… e magari per parecchio tempo.

In quest’ottica l’allenamento con il bastone può essere considerato di tipo “funzionale” e risultare particolarmente gravoso, tanto da essere solitamente amato dai fautori della preparazione fisica. A tal proposito io sono solito consigliare ad un certo punto anche l’uso del “fat pole”: un bastone di diametro e peso maggiori del normale, quindi più allenante.

Il transfer specifico: Ma cosa sviluppa il bastone di specificatamente utile per il VT amani nude? Prima di tutto l’uso corretto e coordinato di tutta la struttura:se si usano solo i muscoli l’allenamento dura poco e la potenza generata è risibile. Bisogna imparare a sostenere il bastone con il corpo e non con le braccia (il corpo come “gomito”), a generare forza dai piedi e a trasmetterla al bastone attraverso il corpo e i gomiti che lo sostengono.

Quindi anche l’uso dei gomiti di entrambe le braccia in modo coordinato è essenziale, sia per generare potenza sia per la precisione:un errore di centimetri alla “base” può voler dire mancare il bersaglio di mezzo metro.

Tutto ciò richiede una conoscenza ed un uso della struttura e dei gomiti non comuni e non riscontrabili in altre discipline armate.

Altro elemento fondamentale è la coordinazione tra gambe e braccia: non solo perché è essenziale per generare potenza, ma anche per abbinare spostamenti e tecniche in modo efficace. Una mancata o errata coordinazione porta alla totale inefficacia delle tecniche.

Inoltre Il bastone lungo permette anche di correggere uno dei difetti più diffusi tra i principianti, quello di caricare i pugni prima di scagliarli: dovendo tirare le stoccate da una data posizione e avendo le mani impegnate nel tenere il bastone il praticante è “costretto” ad imparare a generare potenza usando tutto il corpo senza “telefonare” il colpo.

Usare in modo balistico il bastone utilizzando la struttura e i gomiti aumenta significativamente la potenza del pugno VT, che sfrutta anch’esso la medesima struttura e il gomito come fulcro.

Per gli stessi motivi un intenso addestramento al bastone, opportunamente abbinato all’uso dell’uomo di legno, sviluppa un Jut Sao, Lap Sao, Pak Pao da “tirar via l’avversario dalle scarpe”, cosa ardua da ottenere senza l’ausilio di questi strumenti.

Infine se si riescono a colpire bersagli puntiformi usando un bastone di quasi 3 metri si svilupperanno un’ottima coordinazione “gomito”-occhio ed una precisione chirurgica a mani nude.

Curiosità storiche: Nella storia del Ving Tsun sono molti i praticanti resi famosi dalla loro abilità con il bastone. Chan Yiu-Min, figlio del noto maestro Chan Wah-Shun (il “cambia valute”), ad un certo punto avrebbe addirittura abbandonato totalmente la pratica a mano nuda del VT per dedicarsi al solo bastone, diventando noto nella provincia di Foshan come il “re del bastone”.

Conclusioni: Come tutto quello che si fa nel Ving Tsun, l’allenamento con il bastone assume senso solo se viene valutato in un’ottica globale ed è integrato con tutti gli altri strumenti: nel Ving Tsun ogni elemento lavora sinergicamente, contribuisce a formare il praticante solo se usato correttamente e insieme a tutti gli altri.

Il Ving Tsun è un sistema per “diminuire gli errori” che si possono compiere durante uno scontro, ogni “pezzo” (forme, esercizi,attrezzi, armi, ecc..) lavora insieme e corregge le mancanze dell’altro. Quindi togliendo qualcosa si corre il rischio di rendere inefficace , o meno efficace, anche tutto il resto (esempio tipico: le forme senza l’uomo di legno o viceversa).

Di conseguenza la logica vuole che si possa dire di aver cominciato a praticare Ving Tsun solo quando si stanno usando tutti gli strumenti che lo compongono.

Ergo impiegare decine di anni per “finire il sistema” vuol dire aver impiegato decine di anni per iniziare ad allenarsi, mentre il togliere qualcosa credo serva solo a mascherare l’ignoranza di coloro che pretendono di tagliare il “superfluo”.

Enrico Ferretti

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