Il Ving Tsun di Wong Shun Leung e Philipp Bayer

Il Ving Tsun di Wong Shun Leung e Philipp Bayer

Di Graham Handbury

(Traduzione di Enrico Ferretti e Stefano Lena)

Il Ving Tsun è molto semplice … o così dovrebbe essere. Il Ving Tsun è conosciuto in tutto il mondo per il suo approccio semplice, diretto ed efficiente al combattimento disarmato. E’ un sistema di combattimento  che si basa esclusivamente su concetti e principi, piuttosto che sul nome delle tecniche.

In un confronto s’è un vincitore ed un perdente. Chiunque è capace di perdere ma vincere richiede un po’ più di sforzo e di durezza. L’idea del Ving Tsun è come noi possiamo raggiungere un tale obiettivo nel modo migliore.

Il Ving Tsun si usa per correggere i nostri errori e le cattive abitudini che abbiamo sviluppato durante la nostra vita normale. Ogni giorno facciamo cose in modo abitudinario, senza pensare che non ci sono molto utili in una situazione di combattimento  E’ la natura umana che ci porta, qualora siamo coinvolti in uno scontro, ad agire a caso e a fare cose incontrollate. Si tratta di lottare o scappare.

Una persona non allenata quando combatte tenderà a sbracciarsi, tirare pugni, afferrare, scalciare dappertutto nella speranza che qualcosa vada a segno ed abbia successo.

Questo ci mette in pericolo di essere feriti seriamente e sconfitti, sempre che uno non sia molto fortunato ovviamente. Il sistema Ving Tsun è usato per correggere e migliorare queste abitudini così che i nostri corpi possano diventare più utili e perciò più efficaci in combattimento. Abbiamo tutti due braccia e due gambe, ci sono tante cose che possiamo fare con i nostri corpi ed ancora più cose che possiamo far male. Il VT ci insegna ad adottare una posizione ed una postura particolari per l’equilibrio e la mobilità. Insegna ad aumentare la potenza che possiamo esprimere attraverso i nostri arti e a colpire con precisione e controllo. Il VT ci insegna anche la strategia ed un modo scientifico per combattere che dovrebbe aiutarci ad ottenere la vittoria.

All’inizio si insegna la Siu Lim Tau (Piccola idea). Questa “piccola idea” riguarda l’apprendimento di come usare il gomito. Ciò è necessario per tirare pugni potenti e allo stesso tempo per offrirci protezione e la capacità di trovare una linea libera per colpire. SLT ci insegna anche la struttura di base: abbiamo bisogno di solide fondamenta per supportare e trasmettere la forza in modo corretto. L’allenamento a tenere i piedi puntati verso l’interno, i gomiti verso l’interno ed in avanti, tenere le mani ed il corpo immobili quando eseguiamo i movimenti con le braccia, l’equilibrio e la forza di impatto, vengono trasmessi allo studente. Poi viene il Dahn Chi Sau per una comprensione di base su come usare il gomito. Una volta sviluppata l’idea del gomito e una struttura di base usiamo Chum Kiu e il Muk Yan Jong per sviluppare l’idea della via più breve per il bersaglio, la sincronizzazione delle azioni e il corretto uso della forza e della potenza. Poon Sau e Chi Sau sono usati per allenare e migliorare comportamenti corretti, pensieri, abitudini e reazioni così come la nostra forza, l’equilibrio, le distanze e la struttura. Il Gor Sau e poi lo sparring introducono il fattore stress per far uscire errori e mancanze, che si rivelano sotto pressione.

Quando troviamo gli errori dobbiamo sapere come correggerli, quindi le forme e gli esercizi sono usati come strumenti di correzione, non come in altre arti marziali dove le tecniche vengono considerate unicamente come risposte ad una specifica azione.

“… Durante l’allenamento non dovresti concentrarti sull’applicazione e sui componenti dell’allenamento che sono inutili per un combattimento reale, ma piuttosto allenare il tuo corpo e la tua mente per il combattimento. Dobbiamo sempre essere consci degli errori del nostro partner e dei nostri e correggerli di conseguenza, così che possiamo migliorare. Se fossimo perfetti non avremmo bisogno di allenarci.

…il VT è una abilità marziale completa. Molti possono anche combattere con efficacia senza alcuni elementi o senza la comprensione di questi elementi del VT, ma senza la corretta conoscenza il VT sembrerà sempre qualcosa di carente in certe aree. Questo ha condotto a moltissime versioni del VT sotto molti differenti nomi che semplicemente non sono conformi ai principi base.

…Lo scopo del VT è di attaccare il tuo avversario nella maniera più diretta. Per ottenere davvero questo dobbiamo colpire duro, avere rapidità nei nostri movimenti e anche possedere un livello di potenza tale che quando colpiamo il nostro avversario diventi incapace di continuare. Arrivare a questo comporta un percorso diverso per ognuno e può portare molte frustrazioni. I nostri maestri hanno un ruolo importante nel nostro viaggio. Se l’approccio degli insegnanti non è corretto allora sarà così anche quello degli studenti, a meno che lo studente non possieda un’intelligenza tale da capire da solo cosa può funzionare e cosa no. Sfortunatamente non tutti hanno questa intelligenza e molti continueranno ciecamente a inseguire idee fantasiose che non funzionano in un combattimento reale.

…Per capire il genio del VT dovrebbe bastare un pomeriggio, dopodichè tutto dovrebbe essere chiaro”.

Philipp Bayer


La bellezza del VT consiste nella sua semplicità.

Così per preservare il VT per il futuro dobbiamo essere capaci di mantenere le spiegazioni semplici come lo stesso sistema. Siu Lim Tau per l’idea base del pugno e la creazione della struttura. Chum Kiu e Muk Yan Jong per sviluppare movimenti simultanei della parte alta e bassa del corpo e per trasmettere correttamente la potenza. Chi Sau e gli esercizi correlati per creare fluidità d’azione e risposte spontanee. Il bastone lungo per sviluppare ed aumentare la velocità iniziale dei piedi, la sincronizzazione degli arti, la precisione e la potenza delle azioni. I coltelli per sviluppare volontà, strategia e coscienza del pericolo.

Anche se la pratica del Ving Tsun, per molti, è un’ambizione che dura tutta la vita e può comportare molti mal di testa, i concetti di semplicità, immediatezza, efficacia dell’azione e spiegazioni dovrebbero essere ingredienti imprescindibili. Se pensi al VT e ci trovi molte difficoltà qualcosa è sbagliato. La difficoltà risiede nello sviluppo del corpo e nell’abilità nell’eseguire le azioni. Questo dovrebbe essere il tuo obiettivo quotidiano e mentre alcuni possono riuscire dove altri falliscono non dovremmo mai rinunciare. Il duro lavoro e la pratica sono ciò che rende grande una persona. Roma non è stata costruita in un sol giorno.

La via del Ving Tsun e in particolare quella del WSL/PHB VT è un sistematico viaggio nel praticare concetti e principi riguardanti il combattimento. Il risultato finale è il possesso di una visione completa del combattimento e anche il raggiungimento di qualcosa trasmesso da alcuni recenti pugili realmente abili. L’evoluzione dei combattimento può continuare a crescere e cambiare, ma molto altro deve ancora venire. La natura sarà sempre nostra nemica e perciò ci mostrerà i nostri limiti. Indipendentemente dal periodo storico a cui appartieni o dal tuo punto di vista sul combattimento, il VT sarà sempre la scelta giusta praticato dalla persona giusta. L’abilità e la bravura delle persone che hanno plasmato il Ving Tsun sono la garanzia di questo.

Strategia di miglioramento individuale

STRATEGIA DI MIGLIORAMENTO INDIVIDUALE

di Philipp Bayer (traduzione di Stefano Lena)


Non dovrebbe servire più di un pomeriggio a capire la genialità del Ving Tsun.

Da quel momento, tutto dovrebbe essere chiaro.

Si tratta allora di decidere come ognuno può raggiungere quegli obiettivi nel modo più efficiente.

Anche questo fa parte del sistema.

Sfortunatamente, il Ving Tsun è così troppo perfetto, che perfino in una intera vita nessuno può riuscire a dominarne più del 70%, e con grande sforzo! …è il fattore umano, come sempre.”

Il Ving Tsun è sicuramente da vedere nella sua interezza come una strategia di miglioramento individuale, ma anche un sistema per correggere gli errori.

Molto più moderno dei sistemi di gestione della qualità dei giorni nostri, corregge il comportamento individuale durante uno scontro.

Questo è il motivo per cui, in modo ottimizzato, tutti gli elementi vengono sviluppati contemporaneamente fin dall’inizio e si amalgamano insieme.

Come ripeto spesso, è un errore fatale quello di imparare alcune parti troppo tardi, poiché altri elementi devono essere sviluppati senza questi importanti elementi.

In questo modo, il risultato sarà totalmente differente e molto difficile da correggere, come dice il proverbio: “Ciò che Johnny non impara adesso, John non lo imparerà più“.

L’unico ostacolo è capire l’essenza del Ving Tsun: se non si apprende il Chi Sao nel modo giusto, direttamente da maestro ad allievo, dando una forza adeguata con velocità che per contrasto induce nello studente una reazione particolare …, il Ving Tsun rimane un mistero … come spesso si legge, si vede e si sperimenta.

Il Ving Tsun non può essere classificato in modo tale da poter dire: adesso impara questo o quest’altro, oppure: una volta che hai imparato questo, possiamo cominciare con lo sparring.

Le forme servono a correggere gli errori, che sicuramente si presentano nei momenti in cui si è sottoposti a stress: tenere i gomiti nella giusta posizione, allenare il cavallo, e abituare alcuni comportamenti che devono necessariamente essere impiegati quando si ha uno scontro.

Per questo, è molto importante imparare tutto in modo totalmente integrato.

Non ha senso imparare solo certe parti, ad esempio la forma dell’uomo di legno, dopo 15 anni, perchè a quel punto lo sviluppo personale ha già raggiunto la fine.

Un certo comportamento è già stato acquisito.

Perfino partendo dall’inizio è difficoltoso incorporare nuovi elementi.

E’ sempre un problema cambiare movimenti che sono già stati allenati con una certa frequenza, anche se si tratta di cambiamenti relativamente piccoli.

Acquisendo invece l’intero “pacchetto” in modo unitario si sviluppa attitudine al combattimento, tempismo, senso della distanza, forza nei colpi, spontaneità e perseveranza, che sono l’essenza dell’abilità nel combattimento.

Il sistema viene poi testano nello sparring, dove i punti deboli diventano chiaramente evidenti; errori comuni sono ad esempio: il gomito che punta all’esterno, il Wu Sao che non è ancora in posizione corretta, la posizione delle gambe non è adeguata, la posizione delle anche è scorretta e compromette la mobilità, l’equilibrio e la capacità di sviluppare potenza.

Tutti questi aspetti vengono corretti dalle forme e dal Chi Sao.

Appena questi errori scompaiono, viene applicata maggior pressione, e come risultato compaiono nuovi errori che, di nuovo, devono essere eliminati.

Gli errori sono molto individuali – semplicemente ci sono persone che possono gestire poco stress, e messe in difficoltà si girano e abbandonano lo scontro, e come risultano hanno difficoltà a proteggersi.

Altri sono inclini a lasciare all’avversario abbastanza spazio per recuperare dopo che lo hanno affrontato con un potente contrattacco, dimostrando di non avere perseveranza.

Altri si complicano la situazione più del necessario o cominciano un attacco dalla distanza sbagliata, e sprecano inutilmente molte energie.

E’ quindi evidente che il Ving Tsun è estremamente personale, in ogni area, nei metodi, nell’allenamento e nel combattimento.

Ognuno ha il suo specifico potenziale, che richiede uno sviluppo adeguato.

Assegnare cinture e gradi non serve, ognuno conosce gli errori degli altri ed è incoraggiato ad utilizzarli a proprio vantaggio.

Chiunque commetta errori dovrebbe desiderare che i propri partner di allenamento si focalizzassero su questi errori, in modo che si contribuisca reciprocamente a migliorare la propria qualità.

Wong Shun Leung conosceva metodi superiori per aiutare qualcuno a progredire, magari ci sarà modo di parlarne in un’altra occasione.


Philipp Bayer

Wong Shun Leung

Wong Shun Leung

la leggenda oltre la leggenda

Wong Shun Leung, nacque nel 1935.

Considerato da molti come un combattente ed un istruttore di abilità e tecnica ineguagliabili, Sifu Wong era famoso per essersi guadagnato il titolo di “Gong Sau Wong” (Re del parlare con le mani) dopo essere sopravvissuto ad innumerevoli “beimo,” o “confronti di abilità” negli anni 50 e 60, uscendone ogni volta come campione invitto ed indiscusso.

“Beimo” è un nome gentile per indicare i combattimenti da strada, che avvengono sui tetti, sulle terrazze, nei vicoli bui, dietro porte chiuse, nei cortili e ovunque capitasse; non erano tornei di lotta all’occidentale, con regole, protezioni, limiti di tempo, bensì combattimenti totali tra i rappresentanti delle varie scuole di combattenti in Hong Kong, dove spesso si contavano feriti gravi e dove non c’era assolutamente spazio per le “magie marziali”.

Il “beimo” è una radicata tradizione nelle arti marziali cinesi e, storicamente, ha contribuito a distinguere i veri marzialisti dagli attaccabrighe di strada. Nella Hong Kong degli anni ’50 e ’60 quando si parlava di “beimo” il primo nome citato era quello di Wong Shun Leung, studente di Yip Man, istruttore di Bruce Lee, famoso come “Gong Sau Wong” perché, si diceva, lasciando “parlare” le sue mani era capace di vincere la maggioranza dei Beimo con solo tre pugni.

E’ documentato che Wong, durante i suoi quarant’anni e più di pratica Wing Chun, sostenne innumerevoli “beimo” con dozzine di cinesi praticanti altri sistemi di lotta, e la maggior parte dei testimoni dichiara che sifu Wong non perse mai alcuno di questi combattimenti.

Nonostante la sua “terribile” reputazione come combattente, Wong non era un uomo violento, anche se gli piaceva dimostrare la propria abilità e l’efficacia dell’arte di Yip Man. “Non ho imparato il Wing Chun per andare a combattere”.

Il Kung-fu dovrebbe essere usato come un modo per proteggersi in circostanze in cui si viene fisicamente minacciati” – disse in un’intervista rilasciata in Australia alcuni anni fa – “dopo aver imparato il Wing Chun da Yip Man, ho avuto spesso l’opportunità di metterlo alla prova.

Confrontandomi praticamente con altre discipline, ho potuto scoprire i limiti della mia tecnica e i modi per migliorarmi”. Fu durante questo periodo di sperimentazione che Wong Sheung Leung introdusse Bruce Lee all’esperienza del “beimo”.

Da queste esperienze e attraverso molte discussioni con il suo insegnante, il grandmaster Yip Man, sifu Wong sviluppò la sua abilità ad un incredibile livello e, nel far questo, portò il sistema Wing Chun all’attenzione della comunità di arti marziali di Hong Kong.

Gli si attribuisce persino il merito di aver modernizzato il metodo di insegnamento del sistema, al punto di essere riuscito a convincere lo stesso Yip Man a ripensare alcuni concetti e tecniche in modo critico e costruttivo. In poche parole, Wong Shun Leung contribuì a rivoluzionare l’insegnamento di quello che era già un’ottima forma di combattimento, portandolo a livelli ancora più alti di efficienza.  

Miti e false impressioni circa l’allenamento del VING TSUN

MITI E FALSE IMPRESSIONI CIRCA L’ALLENAMENTO DEL VING TSUN

di Philipp Bayer (traduzione di Stefano Lena)


La cosa più importante, semplice ed economica che un praticante può fare è allenarsi quotidianamente e così mantenersi pronto al combattimento.

Approssimativamente, il 90% del nostro allenamento consiste nel Chi Sao e nello sparring.

Il resto spazia dalle forme all’allenamento con le armi.

Ma quante ore al giorno ci si dovrebbe allenare per migliorare costantemente?

Alcuni dicono che quando si allenavano con Wong Shun Leung si allenavano 14 ore al giorno senza pause.

Cosa stanno cercando di dirci? Tutti sanno ciò implica il 90% di 14 ore di Chi Sao.

Tali affermazioni mi fanno arrabbiare, perché questa gente vuol dire che Wong Shun Leung era stupido, e che ha permesso ai suoi studenti di addestrare 14 ore senza una pausa.

Questo dimostra ancora una volta quanto Wong Shun Leung fosse frainteso da questi sprovveduti.

Wong Shun Leung possedeva una conoscenza più approfondita dell’allenamento fisico di quanto questi soggetti possano immaginare.

Sapeva che l’allenamento costante, soprattutto il Chi Sao, aiuta a mantenersi in salute e, se in buono stato di salute, migliora la resistenza a malattie cardiache e vascolari.

Non è necessario che il Chi Sao sia spossante affinché sia utile. Il Chi Sao è l’anima del Ving Tsun; è’ lo strumento attraverso il quale alleniamo flessibilità, velocità, senso della distanza, forza, equilibrio e tempismo necessari ad attaccare e difenderci nel momento giusto.

Non si dovrebbe esagerare.

Ricordo una volta che ero veramente esausto. La mia forza di volontà era ancora intatta, ma fisicamente ero vicino allo sfinimento.

Fu allora che Wong mi fece prendere una intera settimana di pausa. Mi spiegò che la mia muscolatura, per svilupparsi, aveva bisogno di riposare.

E’ quindi molto importante dare alla muscolatura un allenamento costante e un adeguato tempo di recupero.

E, quando è necessario, ognuno dovrebbe considerare i suoi limiti fisici.

E’ l’unico modo per migliorare la flessibilità e velocità nel Ving Tsun.

Wong dimostrava sempre una tremenda flessibilità, nella quale non aveva uguali, e mi ha insegnato non solo a trovare la strada più diretta ed efficiente verso l’avversario, ma anche a sviluppare il modo più efficiente di allenarmi.

Si raccomandava anche che non mi allenassi mai quando non fossi sufficientemente motivato.

Il che significa che, se non hai la giusta motivazione, è meglio non allenarsi.

Qualsiasi sport orientato al movimento, che sia la danza o la corsa, può essere allenato lo stesso, ma non il Ving Tsun.

Gli errori aumenteranno, invece che diminuire, e probabilmente lunghe ore di allenamento andranno sprecate.

Ricordate: il Ving Tsun serve a correggere gli errori, non ad allenarli, ed è in ultima analisi quello che è necessario per vincere una lotta.

E non dimenticare: queste idee sono il risultato diretto degli ultimi 40 anni di allenamento di Wong Shun Leung.

Egli ha sempre insegnato ai suoi studenti che il Ving Tsun si sviluppa solo positivo quando il corpo dà anche il tempo sufficiente per il recupero.

In conclusione, vorrei dire: per migliorare il tuo Ving Tsun, non è necessario allenarsi 14 ore al giorno.

Questo significherebbe che lo sforzo per la tua formazione quando avessi raggiunto 80 anni, avresti passato metà della tua vita in allenamento.

Ma ne sarebbe davvero valsa la pena, per uno scontro che potrebbe non arrivare mai?


Philipp Bayer

Il “pugno” e il “bastone”

Il Pugno


L’arma principale del Ving Tsun Kung Fu (VT) è senza dubbio il pugno verticale (Yat Ji Jik Kuen).
Non è esagerato dire che il 90% dell’addestramento del VT è finalizzato ad ottenere un pugno efficace in ogni situazione e a trovare il modo di farlo arrivare a bersaglio.


Tale è l’importanza di tale tecnica che tutte le forme a mani nude cominciano e finiscono con il pugno verticale sulla linea centrale: l’ Alfa e l’Omega del Ving Tsun.


Si tratta di un modo di colpire “
non naturale”, principalmente per due motivi:

1)   Il motivo più banale: è un pugno in linea retta. La nostra posizione eretta e la conseguente distribuzione dei pesi lungo una linea verticale fanno in modo che il movimento più naturale che il nostro corpo possa fare sia quello di ruotare sull’asse verticale. Quindi la “tecnica” più naturale per le braccia è un gancio o qualcosa del genere (guardate dei bambini piccoli che fanno “a botte” e vedrete che si mollano dei gran ceffoni circolari). Andare “dritti” richiede una maggiore attenzione ed uno “studio” maggiore della meccanica del movimento.

A tal proposito vorrei citare: “Dalla storia della boxe si apprende che nei primi anni si colpiva esclusivamente col braccio piegato, cioè con Ganci e Sventole. I primitivi si offendevano fisicamente ricorrendo a questo metodo e del resto tanto i felini che i plantigradi (orsi e affini) tirano graffi, sberle e zampate. Chi non conosce il pugilato, quando vuole tirare un pugno, ha la naturale tendenza a ricorrere alla Sventola. Il Diretto, perciò, bisogna studiarlo per conoscerlo”. – Giordano Poggioli – (“KO: storia della boxe e dei suoi campioni”).

2)   Motivo specifico del Ving Tsun:  il pugno è tirato con il gomito rivolto verso il basso. Nella vita di tutti i giorni siamo abituati ad usare le mani e a non prestare attenzione a cosa fanno i gomiti. I nostri gomiti sono naturalmente rivolti verso l’esterno in quasi tutte le azioni della vita quotidiana, persino quando siamo con le braccia rilassate lungo i fianchi. Portare il gomito verso il basso non viene spontaneo, è un’azione volontaria che va “studiata”.

Quindi portare il gomito verso il basso ed in avanti richiede un grosso lavoro di “riprogrammazione” degli schemi motori che abbiamo sviluppato naturalmente nel corso della nostra vita. Farlo in coordinazione con altri movimenti necessita di ulteriore studio. Farlo in modo preciso, potente, efficace richiede un’ulteriore gran mole di  lavoro.

Questa comprovata “non naturalezza” del suo pugno spiega come mai il VT abbia così tanti esercizi per sviluppare il colpo e gli elementi che lo rendono efficace e il perché su di loro i praticanti spendano così tanto tempo del loro allenamento/addestramento.


Il pugno impatta con ultime due nocche della mano (mignolo e anulare) a volte partecipa anche la terza nocca (medio). Il fatto di usare le nocche più piccole della mano non comporta rischi maggiori di lesioni rispetto all’uso delle altre, in quanto la resistenza di una nocca non è data dalle sue dimensioni. Inoltre l’avere una superficie di impatto minore amplifica l’efficacia del colpo.

Durante tutto il tragitto del pugno le nocche puntano costantemente verso il bersaglio e poco prima dell’impatto il polso esegue il movimento verso l’alto che da un lato consente di impattare correttamente e dall’altro conferisce maggiore penetrazione al colpo (utile soprattutto quando è tirato da distanza ravvicinata).

La catena cinetica del pugno verticale trae origine dal piede posteriore che spingendo sul terreno trasmette energia attraverso le anche e il gomito fino al pugno, con una traiettoria dal basso verso l’alto (diagonale ascendente) che fa in modo che la forza d’impatto si scarichi a terra e non sulle spalle del praticante. E’ il gomito che spinge il braccio in avanti e guida la traiettoria del pugno. Questa struttura del colpo permette di mantenere una “connessione” costante durante tutta la traiettoria tra il braccio che sferra il pugno e il resto del corpo. Usando un’immagine potremmo dire che se il pugno orizzontale (es. quello della boxe, karate, ecc.) corrisponde allo scagliare una lancia verso l’avversario il pugno verticale del VT equivale ad un affondo mantenendo l’impugnatura sulla lancia stessa.

I vantaggi del pugno verticale sono:

1)   Offre la possibilità di proteggere la propria linea di attacco mentre lo si scaglia: il gomito può intercettare o deflettere tutto ciò che trova nella sua traiettoria, proteggendo il pugilatore VT e/o aprendo la strada verso il bersaglio (difesa e attacco contemporanei).

2)   Il pugno rimane “connesso” alla struttura del corpo: mettendo il grado il praticante di usare il gomito in ogni momento per guidare il pugno ma anche per deviare, aprire la guardia o controllare l’avversario, permettendo inoltre cambi repentini di direzione e reazioni istantanee se il colpo è deviato o ostacolato.

3)   Uso di entrambe le braccia contemporaneamente: il punto precedente, abbinato al fatto che nel VT usa una guardia frontale (CHING YING) e non defilata, ha come diretta conseguenza che (come previsto nella strategia del VT) le due braccia si possano usare contemporaneamente ed in modo coordinato. Questo crea un vantaggio “tattico” (due armi contro una) e molte più occasioni per andare a bersaglio che non facendo affidamento sulla sola velocità dei colpi.

4) Il fatto che il colpo abbia “dietro” il corpo e la sua struttura per tutto il tragitto permette di colpire con efficacia anche a corte e cortissime distanze senza dover ricorrere a traiettorie differenti. Per lo stesso motivo anche se la distanza del bersaglio dovesse cambiare durante il tragitto del colpo si può impattare in modo efficace ugualmente.

5) Avendo il fulcro nel gomito è intrinsecamente molto preciso. Questo abbinato con il footwork VT e con la corretta gestione delle rotazioni sull’asse verticale (altro elemento tipico del VT) fa sì che un buon pugilatore VT sia in grado di piazzare i suoi colpi con estrema precisione in ogni situazione.

6) Il polso è mantenuto in una posizione più stabile e resistente rispetto al pugno orizzontale, riducendo le possibilità di danneggiarlo a seguito di torsioni dovute all’impatto.


Svantaggi del pugno verticale VT:

1)   Per mantenere il pugno connesso alla struttura del corpo e la guardia frontale non si compiono le rotazioni complete d’anca e i caricamenti di tutto il peso su un solo lato del corpo tipici di altri metodi. Ciò comporta una gittata inferiore rispetto ai pugni tirati con tali metodi.

2)   La spalla non può proteggere il lato del viso con la sua rotazione e quella del gomito verso l’esterno, come accade nei pugni della Boxe Occidentale, ad esempio.

3)   La guardia frontale offre un grande bersaglio all’avversario, con tutti i pericoli che ne conseguono. Questo atteggiamento indica anche come il VT sia un pugilato preminentemente offensivo (da notare come anche il Pugilato Thailandese usi una guardia frontale e come molti campioni di Pugilato Occidentale adottino la stessa strategia, abbandonando l’impostazione classica della guardia “defilata”, per essere più veloci ed imprevedibili nel colpire).


Il VT cerca di ovviare a tali svantaggi con il suo
footwork peculiare, l’addestramento martellante al corretto timing e alla reattività e ovviamente l’uso del gomito e delle due braccia coordinate visti in precedenza.

Vista la strategia adottata nel VT ci si trova spesso a dover colpire dalla corta e cortissima distanza, quindi la ricerca della massima potenza e della precisione necessari per un buon pugno rappresentano i problemi principali da risolvere.


I primi passi per sviluppare “
IL” pugno sono mossi con la posizione “Yee Gee Kim Yum Ma” e le forme, che sviluppano le corrette abitudini . Intervengono poi il Poon Sao, Toi Ma-Seung Ma, Ciclo del Lap Sao, esercizi Lin Siu Dai Da, esercizi Lut Sao Jik Chung, ecc. che nel loro insieme contribuiscono allo sviluppo e al potenziamento dellastruttura” corporea (cioè la catena cinetica coinvolta nel pugno), all’incrementano della velocità iniziale del pugno (per colpire efficacemente anche da breve distanza), condizionano all‘uso corretto del gomito (linea retta e gomito “basso”) e creano la coordinazione tra le braccia e tra braccia e gambe.


A questi esercizi vanno aggiunti l’uso del sacco a muro e del sacco pesante (per avere un feedback sulla struttura, sulla muscolatura e sull’impulso nervoso necessari per colpire) e di “speed ball” e colpitori per il timing e la coordinazione con il footwork.

Per giungere ad un buon pugno verticale, quindi, occorre tempo e il seguire un percorso logico che, partendo dall’uso del gomito e della struttura corretti, giunga alla capacità di usare il pugno in ogni situazione, indipendentemente dalla posizione delle proprie braccia e del bersaglio, nonostante i possibili disturbi da parte dell’avversario (parate, deviazioni,attacchi, ostacoli, ecc.) o dovuti a situazioni contingenti del combattimento (rotazioni sull’asse verticale, cambi di direzione repentini, sbilanciamenti, accelerazioni, ecc.), in modo che il pugno possa trovare sempre la via per il bersaglio e ci arrivi con la massima potenza possibile.


Pugni a catena (“Lin Wan Kuen”)


I famosi “pugni a catena”
NON sono una tecnica consistente nel colpire con una serie di pugni veloci e “leggeri” l’avversario (cosa poco efficace, efficiente ed economica), ma un esercizio che addestra la corretta meccanica del pugno.

Il vero punto focale di questo drill è la coordinazione: il pugno che colpisce deve giungere a bersaglio nello stesso momento in cui il Wu Sao arriva in posizione. La necessità della perfetta coordinazione e del corretto posizionamento “in automatico” delle braccia (poi abbinati al footwork) è elemento essenziale del VT poiché quando si è a distanza di contatto, non potendo prima vedere e poi decidere, le reazioni devono essere immediate ed istintive. Solo così è possibile esprimere la continuità d’azione, l’uso simultaneo di entrambe le braccia, la fluidità e l’efficacia a breve distanza tipici del VT.


I pugni a catena sono il
primo passo per acquisire questo tipo di coordinazione che diventerà poi una vera attitudine generale.


Altro punto importante nei pugni a catena è che il braccio che si abbassa e torna indietro in Wu Sao
non è “passivo” ma agisce o è pronto ad agire durante tutta la traiettoria che compie per arrivare il posizione: diventa Pak, Jut, Wu, ecc., è la nostra prossima mossa, difende o attacca all’abbisogna. Tutto questo sempre e comunque in coordinazione e “collaborazione” con l’altro braccio.

Per il fatto che le braccia/pugni lavorino insieme e in sinergia con il footwork il pugilatore VT può sembrare più “veloce” di quanto in realtà sia; in concreto esso adotta solo economia, reattività e precisione nei movimenti.


I pugni a catena esprimono i concetti di: via più breve al bersaglio/economia del movimento, pronti a colpire (Wu Sao), uso simultaneo di entrambe le braccia e linea centrale (attacco e difesa simultanei), occasione (sfruttare i varchi), strategia (due armi contro una).


Tutte idee che possiamo ritrovare in ogni esercizio e in tutta la pratica del VT.


Enrico Ferretti

Il bastone

Il Bastone “da sei punti e mezzo” (Luk Dim Boon Quan) è una delle due armi che fanno parte dell’addestramento nel VingTsun Kung Fu (VT). Il nome deriva dalle sei tecniche principali più il “mezzo” movimento finale mostrati nella forma con tale arma.

I 7 movimenti della forma:

1) Fung Leung Cheung (lasciare libero il dragone)

2) Ping Cheung (colpire da punto a punto)

3) Leung Gee (cambiare due volte)

4) Lau Soi  (acqua che scorre, onda)

5) Kam Quan (palo che copre)

6) Dan Quan ( palo laterale)

7) Che Cheng (mezzo attacco)

Il bastone deve essere introdotto nell’addestramento appena il praticante dimostri una buona padronanza delle qualità base,approssimativamente quando ha già una struttura efficiente (Poon Sao, Toi Ma-Seung Ma, esercizi base e footwork corretti) ed una buona Chum Kiu. Come si può vedere anche in questo caso (come per tutti gli altri elementi che compongono l’addestramento al Ving Tsun) il quando e come introdurre uno strumento varia da persona a persona: l’assimilazione di principi e lo sviluppo di qualità fisiche sono una questione assolutamente individuale e non possono in nessun caso essere scadenzate a priori. Sta a chi insegna capire quando un praticante è maturo.

Nonostante ci sia chi sostenga che le armi siano state introdotte nel VT attraverso scambi con altre discipline marziali è interessante notare come tutti i principi usati per combattere con il bastone siano assolutamente i medesimi del VT a mano nuda (attacco, difesa e apertura della linea, uso dei gomiti, spostamenti, via più breve al bersaglio, unificazione del corpo, forza dal terreno, ecc..) persino gli errori più comuni sono gli stessi della parte disarmata del sistema (overshooting, gomiti fuori posizione, coordinazione,struttura scollegata, ecc.).

Con il bastone tutto si dilata, tutto si complica: non devo più gestire solo il mio corpo e l’avversario, ma, in aggiunta, anche la mia arma e la sua. Così il timing, la gestione delle distanze, della struttura, la coordinazione, la reattività, l’overshooting diventano subito punti critici. Il bastone, quindi, rappresenta davvero la cartina di tornasole del reale livello di un praticante di VT.

Il bastone come Arma:Molti ritengono che il bastone VT sia un retaggio del passato qualcosa da studiare magari per mero interesse storico o folkloristico, troppo grande e pesante quindi senza nessuna utilità nel mondo moderno. Personalmente ho sperimentato come un addestramento corretto con il palo possa rendere efficaci qualsiasi arma o oggetto si impugni ma, come vedremo, questo strumento ha molto di più da offrire.

Tutti gli esercizi, le tecniche, i lavori a coppia e sui bersagli che compongono l’addestramento sono finalizzati ad usare il bastone in uno scontro contro uno o più avversari armati. Infatti nello studio dell’arma, probabilmente per la sua derivazione militare, si teorizza di avere di fronte più avversari armati con strumenti simili: la modalità di esecuzione delle tecniche, il maneggio e soprattutto il footwork con questo strumento testimoniano questa premessa fondamentale e ne sono influenzati radicalmente (da notare come anche nei “Coltelli dagli 8 tagli” si ipotizza il loro uso contro avversari multipli armati con armi da taglio e da botta, contro lo stesso bastone lungo ad esempio). Quindi mobilità e capacità di cambiare repentinamente posizione e direzione del bastone non devono mai venir meno.

A tal fine è importante non confondere le posizioni e gli esercizi che servono come allenamento dalle posizioni e dalle tecniche che si usano poi in combattimento. Ad esempio la posizione “bassa” (MaBu- Sei Ping Ma) e il brandeggio del bastone sul fianco, pur avendo qualche applicazione, sono utilizzati perlopiù in allenamento per sviluppare determinate attitudini; mentre la posizione “alta” con il bastone a livello delle spalle (che permette facilità negli spostamenti e nell’uso dell’arma) è quella usata in combattimento. La stessa classica posizione con il peso sulla gamba posteriore ( Tui Ma) è usata concretamente solo in specifiche situazioni, solitamente quelle in cui necessitano rapidi movimenti di “pivot” sull’asse verticale.

Con il bastone onde mantenere l’equilibrio, la mobilità e la potenza necessari il corpo diventa il fulcro di ogni movimento: se si muove il bastone usando solo le braccia si perde immediatamente efficacia. Per descrivere questa attitudine indispensabile si usa dire che il corpo diventa “il gomito”: come nelle mani nude i gomiti sono il fulcro dei movimenti delle braccia, con il bastone il fulcro è il corpo e l’arma è l’estensione utilizzata.

L’addestramento comincia con degli esercizi statici, così da potersi concentrare solo nel sorreggere correttamente lo strumento e nel coordinare le braccia nei colpi. Esattamente come nella Siu Lim Tao all’inizio ci si concentra sulla parte superiore del corpo che è anche usato come riferimento per usare correttamente i gomiti e quindi il palo. Negli esercizi statici la posizione alta è tenuta con gambe e piedi uniti, così da rendere più difficoltoso l’equilibrio quando si slancia con forza il bastone e in modo da prendere confidenza con la gravità e la distribuzione del peso impugnando l’arma.

Una volta appreso come gestire il bastone staticamente si inseriscono i primi spostamenti, all’inizio solo in avanti ed in dietro, così da permettere allo studente di imparare a coordinare l’uso delle gambe (che generano potenza) con la parte superiore (che indirizza le tecniche).

Le 5 combinazioni “classiche” che vengono eseguite avanzando ed indietreggiando:

1) Fung Leung Chenug

2) Fung Leung Chenug + Chun Bo (mezzo passo) + Dan Quan

3) Ping Cheung

4) Ping Cheung + Chun Bo + Dan Quan

5) come 4) + Lau Soi + Kam Quan

Essendo l’apprendimento del bastone molto impegnativo Wong Shun Leung voleva che si riuscissero ad eseguire almeno 30 passi di Fung Leung Cheung prima di insegnare la forma, così “eliminava” i più pigri e non perdeva tempo con loro. Sempre Wong Shun Leung insegnava anche un esercizio propedeutico da eseguire a mani nude nella posizione bassa (Chi Quan Choi), utile per la coordinazione degli spostamenti, il potenziamento della vita e l’uso dei gomiti.

Una volta acquisisti gli spostamenti avanti-indietro si comincia lo studio dei movimenti laterali e di “pivot”, utilizzando tutte letecniche del repertorio e le loro varianti.


Nello studio del bastone la parte più interessante, a mio avviso, arriva una volta che il praticante ha acquisito una certa padronanza nella gestione del bastone attraverso la forma e i vari esercizi “a vuoto” ( con un po’ d’umorismo direi: quando non è più il bastone a portare a spasso la persona ma è la persona che muove a piacimento il bastone). A questo punto vengono introdotti nell’allenamento tutta una serie di esercizi a coppia, basati su spostamenti in tutte le direzioni, attacchi, difese, contrattacchi,ecc. che rendono la pratica molto dinamica, interessante e…”viva”. Le tecniche vengono finalmente eseguite in un contesto più realistico contribuendo a far emergere tutti i limiti e gli errori del praticante, è anche la fase in cui si produce un notevole transfer in termini di coordinazione, precisione nei movimenti, gestione del timing, delle distanze, ecc.

A proposito del “tranfer”, cioè delle qualità che l’addestramento sviluppa nel praticante, questo può essere considerato nella sua forma generica o in quella specifica per il VT.

Il transfer generico:Il transfer sulle qualità fisiche del praticante è dato dal fatto di utilizzare un bastone (di sezione conica, lunghezza tra i 2,7 e i 3 metri, diametro alla base tra i 3,5 e i 4,5 centimetri, peso tra 2,5 e 3,5 Kg) con una leva svantaggiosa (il bastone si impugna alla base, dal lato di sezione maggiore) e in maniera balistica. Nulla di rivoluzionario, nulla che possa portare chi si allena con i pesi ad eliminare dal proprio “macrociclo” tutti gli esercizi multiarticolari con carichi sub massimali. Ma il bastone occorre usarlo anche con la massima esplosività, gestendo cambiamenti repentini di direzione, arrestandosi (se serve) in una frazione di secondo, bilanciando notevoli forze centrifughe, facendo fronte agli urti con l’arma dell’avversario, colpendo bersagli (anche in movimento) che possono arrivare ad avere la grandezza di una moneta di 2 euro, sia dalla posizione alta che da quella bassa. Il tutto senza compromettere la struttura, senza limitare la mobilità, senza sbilanciarsi, senza scoprire la propria linea, senza perdere il bastone e generando forza di impatto sufficiente indipendentemente dalla parte del bastone che arrivi a bersaglio… e magari per parecchio tempo.

In quest’ottica l’allenamento con il bastone può essere considerato di tipo “funzionale” e risultare particolarmente gravoso, tanto da essere solitamente amato dai fautori della preparazione fisica. A tal proposito io sono solito consigliare ad un certo punto anche l’uso del “fat pole”: un bastone di diametro e peso maggiori del normale, quindi più allenante.

Il transfer specifico: Ma cosa sviluppa il bastone di specificatamente utile per il VT amani nude? Prima di tutto l’uso corretto e coordinato di tutta la struttura:se si usano solo i muscoli l’allenamento dura poco e la potenza generata è risibile. Bisogna imparare a sostenere il bastone con il corpo e non con le braccia (il corpo come “gomito”), a generare forza dai piedi e a trasmetterla al bastone attraverso il corpo e i gomiti che lo sostengono.

Quindi anche l’uso dei gomiti di entrambe le braccia in modo coordinato è essenziale, sia per generare potenza sia per la precisione:un errore di centimetri alla “base” può voler dire mancare il bersaglio di mezzo metro.

Tutto ciò richiede una conoscenza ed un uso della struttura e dei gomiti non comuni e non riscontrabili in altre discipline armate.

Altro elemento fondamentale è la coordinazione tra gambe e braccia: non solo perché è essenziale per generare potenza, ma anche per abbinare spostamenti e tecniche in modo efficace. Una mancata o errata coordinazione porta alla totale inefficacia delle tecniche.

Inoltre Il bastone lungo permette anche di correggere uno dei difetti più diffusi tra i principianti, quello di caricare i pugni prima di scagliarli: dovendo tirare le stoccate da una data posizione e avendo le mani impegnate nel tenere il bastone il praticante è “costretto” ad imparare a generare potenza usando tutto il corpo senza “telefonare” il colpo.

Usare in modo balistico il bastone utilizzando la struttura e i gomiti aumenta significativamente la potenza del pugno VT, che sfrutta anch’esso la medesima struttura e il gomito come fulcro.

Per gli stessi motivi un intenso addestramento al bastone, opportunamente abbinato all’uso dell’uomo di legno, sviluppa un Jut Sao, Lap Sao, Pak Pao da “tirar via l’avversario dalle scarpe”, cosa ardua da ottenere senza l’ausilio di questi strumenti.

Infine se si riescono a colpire bersagli puntiformi usando un bastone di quasi 3 metri si svilupperanno un’ottima coordinazione “gomito”-occhio ed una precisione chirurgica a mani nude.

Curiosità storiche: Nella storia del Ving Tsun sono molti i praticanti resi famosi dalla loro abilità con il bastone. Chan Yiu-Min, figlio del noto maestro Chan Wah-Shun (il “cambia valute”), ad un certo punto avrebbe addirittura abbandonato totalmente la pratica a mano nuda del VT per dedicarsi al solo bastone, diventando noto nella provincia di Foshan come il “re del bastone”.

Conclusioni: Come tutto quello che si fa nel Ving Tsun, l’allenamento con il bastone assume senso solo se viene valutato in un’ottica globale ed è integrato con tutti gli altri strumenti: nel Ving Tsun ogni elemento lavora sinergicamente, contribuisce a formare il praticante solo se usato correttamente e insieme a tutti gli altri.

Il Ving Tsun è un sistema per “diminuire gli errori” che si possono compiere durante uno scontro, ogni “pezzo” (forme, esercizi,attrezzi, armi, ecc..) lavora insieme e corregge le mancanze dell’altro. Quindi togliendo qualcosa si corre il rischio di rendere inefficace , o meno efficace, anche tutto il resto (esempio tipico: le forme senza l’uomo di legno o viceversa).

Di conseguenza la logica vuole che si possa dire di aver cominciato a praticare Ving Tsun solo quando si stanno usando tutti gli strumenti che lo compongono.

Ergo impiegare decine di anni per “finire il sistema” vuol dire aver impiegato decine di anni per iniziare ad allenarsi, mentre il togliere qualcosa credo serva solo a mascherare l’ignoranza di coloro che pretendono di tagliare il “superfluo”.

Enrico Ferretti

Fraintendimenti nel VING TSUN

Fraintendimenti nel Ving Tsun

 

[Trad. dal tedesco in inglese di Bjorn Austraat – Trad. in italiano di Stefano Lena]

La sezione “Fraintendimenti nel Ving Tsun” in ogni forma di Ving Tsun Kung Fu sarà un forum in cui discutere argomenti e principi che sono comunemente fraintesi ed hanno un impatto negativo sullo stile in genere.

La frequente mancanza di un pensiero realistico e pragmatico rendono inutili tecniche che sarebbero invece efficaci.

Il mio insegnamento nei seminari ho evidenziato in modo esplicito la semplicità del nostro stile.

Questa semplicità ha reso possibile il fatto che il Ving Tsun si sia dimostrato uno dei più efficaci stili di combattimento nel mondo del kung fu cinese.

L’immaginazione a briglia sciolta è il più grosso nemico del Ving Tsun.

Può condurci nella terra del “tutto è possibile” e questo fino ad un livello visto solo finora in altri stili.

Uno dei modi migliori per giudicare la qualità del Ving Tsun è il grado di adesione ai suoi principi fondamentali. Uno di questi è il principio della linea centrale.

La maggior parte del bersagli primari – ugualmente importanti da attaccare e difendere – si trovano vicini alla linea centrale.

Tutti gli esercizi del Ving Tsun enfatizzano l’attacco e la difesa simultanea in ogni azione. Il pugno sulla linea centrale, per esempio, attacca e protegge simultaneamente la linea centrale, poichè ogni azione deve protegge la propria testa.

Il tipo di attacco frontale che è tipico del Ving Tsun non solo fornisce protezione all’attaccante ma pareggia anche la portata e l’impatto di entrambe le braccia.

Ciò è in contrasto con elaborate manovre di rotazione del corpo che comportano instabilità e perdita di potenza.

Nel Ving Tsun giriamo solo per deviare un attacco, guadagnare terreno verso l’avversario o semplicemente per dirigerci verso eventuali altri avversari.

Uno dei più grossi errori in questo contesto è di pensare di poter sfuggire ad attacchi seri semplicemente “spostandosi dalla traiettoria” e lasciando che l’avversario ci passi oltre. Cosa che viene spesso dimostrata in modo aggraziato e con un certo orgoglio.

Certo che funziona, ma solo se chi mi attacca non è particolarmente sveglio, non vuole colpirmi davvero o mi attacca con un solo singolo pugno.

Come ho avuto modo di dire già molte volte, il combattente di Ving Tsun non sottovaluta mai il suo avversario.

Proprio all’opposto contrario, egli deve sempre pensare che l’altro combattente sia sempre nella condizione di difendersi e partire con un altro attacco. Non dovremmo mai pensare al nostro avversario come ad un toro che carica alla cieca.

Ovviamente, sembra fantastico: uno tira un pugno a piena velocità verso il braccio completamente esteso dell’avversario, l’impatto trasforma il braccio di questo in un Bong Sau mentre ruota su un lato e sposta il peso sulla gamba arretrata.

L’attaccante è incapace di reagire e finisce oltre il bersaglio.

Suona bene e praticamente “si vende” da solo!

Purtroppo, funziona solo nelle dimostrazioni pre-concordate e solo se l’avversario è non solo molto forte ma anche eccezionalmente stupido.

Ecco invece uno scenario più realistico: il mio avversario pensa che sicuramente mi sconfiggerà (dal momento che ha deciso di attaccarmi) e naturalmente vuole andare a segno.

Con una serie di pugni diretti precisamente a deformarmi la testa, e non il braccio, lancia il primo attacco quando è abbastanza vicino .Il fatto che trova il mio braccio steso in mezzo non gli frega poi tanto. La sua scarica di pugni mi fa girare mentre cerco di schivare.

L’energia del suo attacco mi ha fatto ruotare, ma le leggi della fisica elementare dicono che non sarò in grado di muovere il corpo tanto velocemente quanto le braccia del mio avversario. Girare fuori traiettoria non solo renderà il mio pugno inefficace, ma impatterà anche negativamente sul mio equilibrio a causa del movimento all’indietro.

L’avversario, che non sta ad aspettare la mia mossa successiva, ha già modificato la sua linea di attacco verso la mia nuova posizione, e attacca.

Tutto questo mi ha portato in una posizione sicuramente peggiore di quella in cui ero prima di iniziare a girare.

Provo a muovermi disperatamente nell’altra direzione, girando ancora, ma ovviamente il mio avversario tira pugni più velocemente di quanto io possa ruotare.

Lui ha guadagnato un bel pò di spazio ed è già pronto a tirare il prossimo pugno, mentre le mie “rapide” mosse evasive e le risultanti forze centrifughe mi stanno sbilanciando.

Le mie stesse mosse difensive non sono supportate da una struttura solida e diventano quindi inefficaci.

L’analisi di questo ipotetico scenario mostra che spostare la propria linea centrale, girando verso l’esterno da una parte, non intacca minimamente l’attacco dell’avversario.

Diversamente dai partner collaborativi nelle dimostrazioni, non giocherà il ruolo del toro che carica alla cieca.

Come visto, tutto quello che deve fare è aggiustare la linea di fuoco.

Allo stesso tempo, ha guadagnato un bel po’ di spazio e il suo movimento in avanti ha aggiunto forza ai suoi pugni, mentre le mie piroette tolgono forza alle mie reazioni. Spostare il peso sulla gamba dietro rende inoltre difficile muovermi in modo corretto.

Questo mio spostamento significativo del centro di gravità implica uno spostamento del peso del corpo che concede alto spazio all’avversario e rende la mia posizione ancora più instabile. Tutto è pronto per il disastro. La mia ultima mossa è di girare ancora, stavolta direttamente verso il pugno dell’avversario – Fine del gioco.

Ci sono molte ragioni per cui spostare la tua linea centrale avanti e indietro come descritto non ha senso. Non migliora, ed anzi peggiora, la tua posizione per il resto dello scontro. Significa che non solo devi combattere contro l’avversario, ma anche contro la tua stessa mancanza di stabilità. Giusto per dirlo, i pugili imparano dall’inizio ad inseguire e riorientarsi verso l’avversario.

Praticando con intelligenza ci prepariamo per la realtà, cioè che anche il nostro avversario non vuole essere colpito e tenterà di schivare i nostri colpi e di portarsi in una posizione migliore. Usando abili tecniche di pressing proviamo a guadagnare terreno sul nostro partner di allenamento riducendo le sue possibilità di contrattaccare.

Questo approccio è parte del Ving Tsun e viene introdotto nella seconda forma, Chum Kiu.

E’ anche fra le prime cose che ogni studente di Ving Tsun sperimenta nel Chi Sao.

In 13 anni di Ving Tsun posso dire di aver notato che molti stili di Ving Tsun mostrano significative difficoltà nel confronto con altre arti marziali.

Ci sono praticanti di Ving Tsun arroganti che mimano “lo stupido karateka” che attacca nella posizione bassa, tipica dei kata, o che resta con i gioielli di famiglia esposti mentre esegue un calcio alto. Salvo poi essere proprio questi “stupidi karateki” con i loro ganci e sventole a far perdere l’equilibrio al Ving Tsun di questi praticanti arroganti.

Pur considerando il Ving Tsun efficace e pericoloso, anche il difendersi da attacchi del loro stesso sistema – strano a dirsi – non sembra mai un problema. Ogni pugno è messo perfettamente in posa e viene deviato senza sforzo. Dopo tutti questi anni di sviluppo del Ving Tsun in generale, le sventole creano ancora più problemi che mai.

La quantità di rotazioni e giri ti faranno girare la testa! Un calcio alla testa o un calcio basso alla tibia e tutto va in frantumo. Suona quantomeno bizzarro che stili di combattimento definiti “illogici”, qualche volta chiamati in modo svilente “sport”, siano in grado di mandare a gambe all’aria il mondo del Ving Tsun così facilmente

Questo è il motivo per cui sono stati fatti molti tentativi di importare principi di altri stili nel Ving Tsun. Avere grosse lacune di base sul proprio sistema portano a cambiare di continuo le forme, applicare logiche diverse ad ogni tecnica e modificare i principi fondamentali alla bisogna.

In conclusione, tutto questo fornisce un fertile terreno di coltura per l’offuscamento della realtà, dato che le risposte a eventuali domande intelligenti le spiegazioni di tecniche senza senso possono semplicemente essere etichettate come “segreti”.

Philipp Bayer

Allenamento con il bastone lungo

ALLENAMENTO CON IL BASTONE LUNGO

di Philipp Bayer (traduzione di Stefano Lena)


Come ho già notato, sembrano esserci differenti opinioni su quando il bastone deve essere introdotto o può essere introdotto. Qualcuno pensa anche che sia completamente inutile e in Norimberga uno ha fatto riferimento alla scherma occidentale. Altri sembrano sapere tutto e dichiarano che in Hong Kong era insegnato verso la fine dello sviluppo dello studente.

Quando il mio insegnante venne in Germania per la seconda volta nel 1986, insegnò ad alcuni dei mie studenti i primi passi nell’allenamento del bastone, come dimostrato dalle foto. Queste vennero scattate nel Maggio del 1986 presso il memoriale in Altena-Westfalia. La maggior parte di loro si erano allenati con me per uno o due anni. Io stesso conoscevo Sifu Wong da tre anni!

Le ragioni per le quali ci insegnò il palo così presto erano molteplici: primo, lui pensava che il bastone fosse difficile da controllare e richiedeva molta pratica e un lungo periodo di tempo per influenzare lo sviluppo del VT nel suo complesso. Secondo, la maggior parte dei praticanti inizia con il bastone allo zenith delle loro capacità, così facendo rimane loro solo poco tempo per ottenere i benefici di questo tipo di allenamento.

Essere capaci di trarre vantaggio da un’apertura è fondamentale nel sistema. Se uno non è capace di farlo, tutta la potenza del pugno e lo spirito guerriero saranno obsoleti.

L’allenamento col bastone, soprattutto nella posizione bassa, contribuisce enormemente ad aumentare la velocità iniziale e a velocizzare il footwork.

Un’altra importante abilità, sviluppata attraverso vari esercizi col bastone, è la potenza del corpo unificato.

Senza di questa i pugni sono meccanici e la loro potenza deriva dal diametro delle braccia del praticante.

Anche colui che ha praticato per 15 anni il “Ving Tsun del braccio” sembrerà un principiante quando inizierà questo esercizio. Sfortunatamente ora sarà 15 anni più vecchio e il suo Ving Tsun avrà perso 15 anni di influenze essenziali.

Un altro punto importante è il fatto che l’allenamento al bastone non solo aumenta la potenza del pugno, ma anche la sua precisione, che significa concentrare la massima forza su di una piccola area di impatto.

Maggiori informazioni su tale argomento saranno presenti sul mio libro che includerà alcuni insegnamenti di Wong Shun Leung sulle armi, qualcuno scritto a mano da lui e tradotto.

Per mia esperienza personale posso dire che ci sono alcuni studenti che possono maneggiare il bastone correttamente senza alcuna altra conoscenza, persino senza conoscere Siu Lim Tao.

Ce ne sono altri che dopo cinque anni di duro allenamento non possono fare lo stesso. Dovrebbe per questo l’insegnante tenere il bastone lontano dalle persone più dotate e posporlo per altri cinque anni?

Chi terrebbe lontano i pastelli dal bambino che ha dimostrato intuitivamente di eccellere nel dipingere, solo perché è troppo presto per farlo? Si vorrebbe bandire un alunno di terza dalla scuola, solo perché le sue abilità sono già da sesta e anche più avanti degli altri?

No! Se uno ha giusto un po’ di cervello, dovrebbe pensare di aumentare ulteriormente le loro capacità attraverso percorsi specifici.

Nel Kung Fu e specialmente nel Ving Tsun, dove si enfatizza uno sviluppo olistico del corpo, è ancora più importante iniziare nei primi anni per ottenere un risultato finale decente.

Ma se questo sviluppo è bloccato, rinviato o ostacolato del tutto è discutibile che sia raggiunto qualche risultato, con la possibilità che gli ormai “stagionati” studenti avanzati non siano più in grado di sollevare il bastone.


Philipp Bayer

A proposito di associazioni / organizzazioni – livelli – esami

A PROPOSITO DI ASSOCIAZIONI / ORGANIZZAZIONI, LIVELLI, ESAMI, ….

Il mondo delle arti marziali, come tutti sanno è rappresentato da centinaia di “stili” di origine diversa (Cina, Giappone, Corea, Thailandia, ect.), ognuno dei quali è costituto da migliaia di associazioni / organizzazioni talvolta con sigle impronunciabili.

Soprattutto nel VING TSUN / WING CHUN / WING TSUN, che non è altro che la riproduzione fonetica dal Cantonese di due parole cinesi (bella o eterna primavera), dalla morte di YIP MAN, ogni praticante ha cercato di distinguersi dagli altri dando vita a organizzazioni con nomi, sigle, simboli, marchi esclusivi talvolta registrati ®.

E’ evidente, anche se molte persone non se rendono conto, che lo scopo di tutto questo è unicamente quello di creare un senso di appartenenza e di promuovere un prodotto da poter vendere, c.d. marketing, quasi si trattasse di un’attività imprenditoriale.

Non a caso, ogni associazione / organizzazione ha suddiviso il programma di apprendimento in vari (molti) livelli per i quali bisogna sostenere a sua volta esami A PAGAMENTO con il rilascio di certificati, diplomi, cinture di vari colori, etc. e i c.d. “maestri – si fu” fanno credere ai loro studenti di essere i soli ad insegnare lo stile autentico ed originale, vietando (addirittura con minacce di espulsione) agli studenti di andare a vedere le altre scuole e di non confrontarsi con altri praticanti al di fuori della propria associazione.

Ma ognuno dovrebbe chiedere a questi maestri:

  • perché se quello che fai tu è lo stile “migliore” hai paura che io vada a vederne altri?

  • perchè devo pagare (spesso) molti soldi per andare avanti con il c. d. “programma”?

  • perché sono obbligato a sostenere molti esami, sebbene il mio maestro sappia perfettamente quale livello di apprendimento ho raggiunto?

YIP MAN non ha mai rilasciato diplomi e tutti sanno che fino a 60 anni fa il WING CHUN veniva insegnato e tramandato solo all’interno della famiglia ad un numero ristretto di persone.

Io insegno WING CHUN da circa 16 anni e a tutti gli allievi che mi hanno frequentato ho sempre suggerito di andare a vedere anche gli altri stili per farsi una propria opinione, senza pregiudizi.

Posso affermare che molti istruttori sono solo dei bravi psicologi a fare il lavaggio del cervello ai propri allievi con discorsi del tipo “la nostra associazione è come una famiglia, nella tradizione cinese il maestro è come un padre che tramanda il sapere solo ai propri figli …”; un po’ come nelle religioni e nelle sette, “quello che diciamo – facciamo noi è la verità, lo stile originale, tramandato in esclusiva (a porte chiuse) ….” = il maestro è come Dio ed è l’unico a dispensare la verità.

Questo metodo di divulgazione, sopra tutto in occidente, ha prodotto solo fanatismo ideologico ed ha falsato lo spirito dei praticanti, generando in loro, solo il desiderio di ottenere, pagando, un riconoscimento ufficiale.

Ma la domanda che dobbiamo sempre farci è: perché abbiamo iniziato a praticare uno sport, un hobby o un’arte marziale? Sicuramente per piacere, per fare un’attività fisica o per curiosità.

Credo che alla maggior parte dei praticanti di arti marziali interessi solo appartenere ad un certa associazione ed esibire certificati o diplomi attestanti il livello raggiunto …. non sapere cosa si è in grado di fare veramente.

D’altro canto mentre in tutti gli sport (calcio, tennis, atletica leggera, etc,) la capacità di un praticante è “dimostrata” in una gara o partita, nelle arti marziali, ad eccezione degli sport da combattimento, la vera selezione spesso è dimostrata solo da diplomi.

Non è un caso che l’unico allievo di YIP MAN che ha combattuto realmente contro altri stili (non nella propria palestra) sia stato WONG SHUN LEUNG, il quale non ha avuto bisogno di creare organizzazioni.

Per concludere posso consigliare a tutti quelli che praticano arti marziali ed in particolare il WING CHUN, di diffidare dai maestri che continuano a ripetere in maniera autoreferenziale che il loro stile è il migliore o l’originale (di solito nella vita ti devi confrontare e solo gli altri che ti giudicano) e dalle associazioni ed organizzazioni che costringono l’allievo a sostenere esami a pagamento con rilascio di diplomi / certificati.